Alpini di Crognaleto

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Giuseppe CARROZZI

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L'Alpino Giuseppe Carrozzi è andato avanti.

    Peppino Carrozzi è andato avanti  venerdì 22 febbraio 2008. Ha raggiunto Peppino Prisco e tutti i Caduti del Battaglione L'Aquila.


   Ho conosciuto Giuseppe Carrozzi a L'Aquila il 25 febbraio 2003. Nell'ambito del progetto culturale per tenere viva e valorizzare  la memoria storica avevo organizzato un incontro fra tre reduci e gli allievi di due classi del Liceo Scientifico "Andrea Bafile". L'ho rivisto un paio di volte alla cerimonia della Commemorazione dei Caduti "Selenyj Jar Nikolajewka" a San Gabriele. Ricordo bene l'ultima volta: 10 febbraio 2007. Sul palco delle autorità, in ultima fila, si trovavano due vecchi alpini, uno di essi era Giuseppe Carrozzi! Mi sono avvicinato, ci siamo salutati, abbiamo scambiato qualche parola. Infine ho pregato un collaboratore  di accompagnarlo in chiesa e di farlo accomodare in prima fila.

foto di Giuseppe Carrozzi 

 

   Giuseppe Carrozzi uno di quelli "...che avevano lasciato i loro monti con ben scarse cognizioni d’ogni genere ma portavano entro di sé ben chiara e precisa la volontà di fare fino in fondo il loro dovere di soldati e di uomini...".
Nel pomeriggio dello scorso 9 febbraio, ad Isola del G.S. l'ho cercato. L'alpino di Paganica, Claudio Cerone, mi ha detto che non stava bene, era ricoverato in ospedale, si temeva il peggio. L'ho incaricato di salutarlo e di fargli gli auguri. 
  

Carrozzi insieme con Prisco

      Più tardi Corradino Palmerini, capogruppo alpini di Paganica, annunciava a tutti perchè Giuseppe non era con noi.  Quindi raccontava tanti fatti di Carrozzi che già conoscevo, ed altri episodi della ritirata di Russia, della vicenda della cassaforte del battaglione, del salvataggio e dell'amicizia con Peppino Prisco.

     Delle lettere che i due reduci si scrivevano: Peppino Prisco, celebre avvocato di Milano e Peppino Carrozzi, umile contadino di Camarda.
Prisco:"... Peppino, di qualunque cosa possa avere bisogno chiedimelo, Carrozzi di rimando:"Signor tenente, io sto bene, ed anche la mia famiglia, ringrazio Dio, la campagna e gli armenti ci danno sostentamento, salute e forza ci sono, quindi non c'è bisogno di nulla. Piuttosto, voi signor tenente se volete qualche buon prodotto naturale non fate complimenti."
 

    Mi torna alla mente ancora Prisco: "Non potrò mai descrivere adeguatamente i sentimenti che in quel tempo (inverno 1942/43) mi suscitò il dividere la mia vita con quella di quei montanari e la commozione che me ne veniva nel constatare l’infinita ricchezza di virtù, gli slanci silenziosi ed esemplari di cui quotidianamente davano prova uomini tanto semplici: dapprima per me fu meraviglia, poi quasi incredulità, poi un indicibile affetto misto all’ammirazione che tuttora perdurano, nel ricordo e nella mia vita di oggi."

   Giuseppe Carrozzi certamente sei stato uno di quelli che ha più contribuito e meritato tutti gli elogi sinceri che onorano tutti noi. Te ne siamo grati, riconoscenti e debitori.
   I tuoi compaesani ti hanno reso gli onori, come si usa nei nostri paesi, tutta la gente ti ha accompagnato nell'ultimo viaggio. I tuoi alpini erano in prima fila col Vessillo della nostra Sezione.  Corradino Palmerini ha letto una toccante e sentita orazione funebre. Me l'ha inviata. L'ho letta. L'ho apprezzata. Inizia in questo modo: "Cantavano così gli alpini della Julia... Da Udin siam partiti a Bari siam passati ..."
Hanno espresso il loro cordoglio anche il vicario del Presidente nazionale ed il figlio di Prisco.
   Ripeto con Prisco:
   "Dio voglia che se ne salvi almeno il ricordo esemplare" 


                                                                                                                     Franco B. Di Felice


   
Gli alpini: Nicola Di Matteo di Pizzoferrato, Giovanni Felli di Celano e Giuseppe Carrozzi di Camarda trasportarono Pepppino PRISCO dorso di mulo e su una slitta, approntata per l’occasione, salvandolo dal congelamento. Carrozzi oltre che sorreggere Prisco, trasportò a spalla la cassaforte del battaglione L’Aquila, del peso di 35 kg senza mai cederla, fino a Kiev.

 

 
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